A proposito di brutalità, ecco come la Tunisia applica gli accordi sui migranti stipulati e finanziati dall’Italia

I migranti africani intercettati in mare dalla Guardia Costiera Tunisina, finanziata dall’Italia, vengono portati al confine con l’Algeria, mentre proseguono le espulsioni anche verso la Libia. Lo denuncia Repubblica che cita Human Rights Watch. Di tutto questo il governo italiano deve semplicemente vergognarsi

La Guardia nazionale tunisina ha espulso oltre 100 migranti provenienti da diversi paesi africani verso il confine con l’Algeria tra il 18 e 20 settembre 2023, scrive Human Rights Watch. Le persone cacciate via, tra le quali c’erano anche dei bambini, erano state intercettate in mare e riportate in Tunisia dalla Guardia Costiera. Il 16 luglio l’Unione Europea ha firmato con Tunisi un memorandum d’intesa per aumentare i finanziamenti alle forze di sicurezza locali, compresa la Guardia Costiera, per arginare la migrazione irregolare via mare verso l’Europa. “L’Unione Africana e i governi locali dovrebbero condannare gli abusi da parte della Tunisia nei confronti dei connazionali e l’Unione Europea dovrebbe fermare tutti i finanziamenti alle autorità responsabili degli abusi”, dice Salsabil Chellali, direttore di HRW in Tunisia.

Il futuro del memorandum
. Il 22 settembre la Commissione europea ha annunciato che avrebbe stanziato 67 milioni di euro alla Tunisia per gestire la migrazione, senza nessuna garanzia da parte delle autorità tunisine sulla protezione dei diritti delle persone in movimento. Ma il presidente Kais Saied il 2 ottobre ha pubblicamente detto che rifiuterà il finanziamento. In un articolo pubblicato il 30 settembre, Sylvia Kay, ricercatrice del Transnational Institute, espone tutti i dubbi sulla validità del memorandum firmato a luglio, compresa la capacità dello stesso di frenare le partenze irregolari e di migliorare la condizione economica delle famiglie tunisine. Un recente rapporto dell’organizzazione Brot für die Welt e misereor sottolinea che un tunisino su dieci vive all’estero, rendendo l’emigrazione un elemento importante dell’identità nazionale e della prosperità economica del Paese.

Le espulsioni. Tra il 20 settembre e il 3 ottobre, Human Rights Watch ha intervistato un gruppo di cinque persone che soggiornavano irregolarmente in Tunisia. I cinque hanno raccontato di essere stati cacciati dal Paese e abbandonati, senza acqua né cibo, al confine con l’Algeria. Questi ultimi allontanamenti di migranti verso remote regioni di confine ricordano quelli effettuati a luglio verso i confini libici e algerini, quando le autorità tunisine cacciarono oltre 1.300 migranti e richiedenti asilo, compresi bambini. In quella circostanza morirono almeno 27 persone alla frontiera, secondo le autorità libiche.

L’intercettazione in mare. Le persone ascoltate da HRW hanno raccontato di essere state intercettate in mare dalla Guardia Costiera tunisina il 17 settembre, poche ore dopo aver lasciato Sfax. La loro barca trasportava circa 40 passeggeri, tra cui 15 donne e bambini. Uno dei minori sentiti dall’organizzazione ha detto che la Guardia Costiera ha creato delle onde intorno alla loro barca e ha lanciato dei gas lacrimogeni per costringerli a fermarsi, poi li ha riportati a Sfax, dove sono stati privati di tutto, in particolare documenti e telefoni. Dopo i controlli sono stati caricati su dei camioncini e abbandonati, dopo sei ore di viaggio, in una zona montuosa al confine con l’Algeria.

Gli abusi e la cooperazione con le milizie libiche. Il 2 ottobre l’organizzazione Open Arms riportava il racconto di un sopravvissuto abbandonato dalle autorità tunisine nel deserto, senza acqua né cibo. Refugees in Libya ribadisce che le autorità tunisine continuano a effettuare espulsioni di massa illegali da Sfax verso la Libia in collaborazione con le milizie libiche. Il 29 settembre 400 persone sono state portate via da Sfax e trasferite a Nalut, in Libia, con degli autobus. Sono state prima detenute in una struttura carceraria a Nalut, e poi trasferite a Tripoli. Refugees in Libya denuncia che si tratta per lo più di profughi sudanesi in fuga dalla guerra e che hanno dunque il diritto a ottenere la protezione internazionale.

Fonte: Repubblica