I clochards.

Il mondo dietro la barriera dell’indifferenza.

Caterina Dal Ben
La Bohème

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Sappiamo tutti chi sono ma, nonostante ciò, tentiamo di evitarli. Quando camminiamo abbassiamo lo sguardo e ci sentiamo a disagio quando ci chiedono dei soldi, gli diamo nomi eleganti come clochard oppure più internazionali come homeless, ma ai nostri occhi rimangono sempre i barboni, i senzatetto, quelli che sono sporchi e che dormono sotto i ponti. Sono quelli a cui non è rimasto più nulla.

Negli ultimi anni la crisi economica è stata una grande fiera che ha sbarrato la strada a molti commercianti, imprenditori e anche semplici dipendenti che si sono ritrovati costretti a compiere “un altro viaggio”, sicuramente più lungo e faticoso che in alcune circostanze li ha portati a vivere alla giornata e a riscoprire la strada come la nuova loro casa.

Nel 2019 le persone in povertà assoluta erano 4,6 milioni, di cui il 40,5% residente nelle regioni settentrionali e il 45,1% nel Mezzogiorno e le persone senza fissa dimora erano stimate in 112mila.

Durante i mesi di stretto lockdown, 15 italiani su 100 hanno visto ridursi il reddito del proprio nucleo familiare più del 50%, mentre altri 18 italiani su 100 hanno subito una contrazione compresa fra il 25 e il 50% del reddito, per un totale di 33 italiani su 100 con un reddito ridotto almeno di un quarto. Ancora più drammatica la situazione fra le persone con un’età compresa fra i 18 e i 34 anni, per le quali il peggioramento inatteso della propria situazione economica ha riguardato 41 individui su 100 (riduzione di più del 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%). In aggiunta si dovrebbero considerare anche tutti coloro a cui era stata promessa la cassa integrazione, specialmente per i lavoratori dei ristori e delle fabbriche, che hanno dovuto aspettare mesi e mesi e continue proroghe per poter avere i loro stipendi.

In sintesi, gran parte degli italiani si è trovata in seria difficoltà e nonostante i cori “Tutto andrà bene” e il blocco dei licenziamenti, alcuni si sono ritrovati a vivere per strada. Il numero già preoccupante dei non fissa dimora è in continua crescita e questi dati ci devono allarmare all’istante e nel migliore dei casi, suscitare interesse per coloro che solitamente tentiamo di ignorare.

Essere un senzatetto ai tempi del covid-19 è un incubo, non si ha la possibilità di curarsi, di comprare delle mascherine e dell’igienizzante per proteggersi e la gente è restia ad aiutarli per paura di venire contagiata. Inoltre, non bisogna dimenticarsi dei bisogni essenziali di ognuno di noi che affliggono anche loro, dove possono trovare da mangiare se i ristoranti o i bar non hanno nemmeno loro la disponibilità economica di dargli degli avanzi o degli scarti? Chi potrà dargli dell’elemosina se nessuno cammina per le strade? Come possono scaldarsi se i negozi sono chiusi e di conseguenza anche le loro uniche fonti di riscaldamento sono spente? La risposta è che non si può. Non riesco neanche ad immaginare cosa devono aver passato tutti gli uomini e le donne che vediamo dormire scalzi sulle panchine, oppure imbottiti di giubbotti sdraiati su un materasso sporco sotto a un ponte, non riesco ad immaginarlo. In aggiunta, i fattori ambientali di questo freddo inverno non hanno sicuramente aiutato, dobbiamo ricordarci dei due senzatetto morti a Torino per il freddo e tenendo a mente questa notizia, dobbiamo iniziare a muoverci per cambiare le cose, perché è inaccettabile andare avanti così.

I mesi del lockdown non sono stati solamente dei giorni duri per l’economia italiana, ma anche un’ardua prova per il mantenimento dei nostri rapporti sociali, le coppie che si sono ritrovate a vivere una convivenza forzata, ma anche le famiglie che relegate in casa 24/7 non riuscivano più a sopportarsi. Nel 2020 c’è stato un aumento del 60% delle richieste di separazione rispetto al 2019, di queste richieste il 40% erano per infedeltà coniugale, il 30% per violenza familiare e il 30% altre cause.

Come ben sappiamo le cause che spingono alcuni uomini e donne a vivere sotto i ponti non sono solo economiche ma anche sociali o familiari, può darsi che non si ha più nessuno a cui chiedere aiuto o oppure si è stati cacciati dalla propria casa, da queste motivazioni e dalla mia vita quotidiana in giro per le vie di Milano, una delle città più colpita da questo problema con più di 12.000 senza fissa dimora, mi sono domandata “Come mai ci sono più senzatetto uomini che donne?”

Informandomi ho riscontrato che questa mia percezione era stata constata con dei dati effettivi, infatti, l’84% dei cosiddetti clochards sono uomini, mentre solo il 16% sono donne. Da un punto di vista queste percentuali sono un riflesso di un aspetto legale, infatti, nelle cause di divorzio o di separazione di una coppia con figli, il possesso della casa e quindi di una dimora stabile, va al coniuge che riceve l’affidamento dei figli che vivono ancora con i genitori e che non sono autosufficienti. La nostra giurisprudenza in alcuni aspetti è ancora ferma ad un’idea patriarcale dove la donna è preferita per l’affidamento poiché è più predisposta a stare con i figli (non più infanti) rispetto all’uomo, di conseguenza, il marito viene penalizzato. L’effettivo proprietario della casa non conta, perciò, il padre può essere facilmente buttato fuori dalla porta visto che nel 95% dei casi i figli rimangono con la madre.

Da un altro punto di vista, queste percentuali sono anche un riflesso di un aspetto psicologico che differenza le modalità di affrontare i problemi negli uomini e nelle donne. Le differenze tra uomini e donne di base non sono una vera e propria legge poiché i caratteri psicologici di ogni individuo cambiano rispetto all’educazione e all’ambiente dove si cresce, inoltre, crescendo queste lievi differenze si attenuano. Pertanto, gli uomini e le donne differiscono solamente in alcune predisposizioni per certi aspetti piuttosto che altri, ad esempio, la donna è generalmente più portata nella comunicazione e sembrerebbe avere delle capacità empatiche più sviluppate, invece, l’uomo tende a essere più predisposto a sapersi orientarsi, quindi, negli aspetti fisici-visivi. Nella maggior parte dei casi, da queste lievi variazioni, scaturisce che la donna quando si trova difronte a delle difficoltà tende ad aprirsi, mette da parte l’orgoglio e chiede aiuto a tutti coloro che conosce il più presto possibile, mentre l’uomo solitamente cerca di risolvere la soluzione da solo senza bisogno di essere commiserato o aiutato da nessuno.

Inoltre, non dobbiamo dimenticare che nella nostra società, ancora agli albori delle lotte per la parità di genere, è naturale che gli uomini, coloro che hanno più possibilità lavorative ed economiche, siano di conseguenza coloro che falliscono maggiormente, indipendentemente dalle lievi differenze comportamentali. Se ci fossero uguali opportunità lavorative per gli uomini e le donne, e parità di salari, probabilmente non ci sarebbe questo grande dislivello tra le percentuali.

In conclusione, i clochards, homeless, I senzatetto, i barboni o come li si voglia chiamare esistono e aumentano, sono una realtà preoccupante che non possiamo più ignorare. Al contrario dobbiamo esporci e tentare di cambiare le cose per far sì che questo enorme problema possa vedere una fine che oggi non si riesce a scorgere. Io per prima devo iniziare a fare qualcosa e spero che tutti coloro che hanno letto questo articolo si siano resi conto in che situazione ci troviamo, e inizino come me a piantare i propri piedi per terra per cambiare il nostro futuro insieme. Ovviamente non vi chiedo di cambiare il mondo da un giorno con l’altro, ma ciò non significa che anche una semplice azione come fare il dona-cibo a scuola, oppure volontariato nel tempo libero, oppure ancora altre collette alimentari non servi a niente, ogni piccolo passo può sicuramente fare la differenza.

«Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità.» Neil Armstrong.

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