Il vero, l’interessante e l’utile

Soggetto, mezzo e scopo della poesia

Luca Pirola
3 min readMar 31, 2020
Francesco Hayez — L’ultimo abboccamento di Jacopo Foscari con la propria famiglia

La Lettera al marchese Cesare d’Azeglio sul Romanticismo (22 settembre 1823) fu scritta da Alessandro Manzoni in risposta a Cesare d’Azeglio (padre dello scrittore e statista Massimo) che, pubblicando su una rivista torinese La Pentecoste, aveva espresso perplessità circa la definizione di «romantico» usata da Manzoni per se stesso. La lettera, pubblicata nel 1846 a Parigi e poi integrata in vista dell’edizione delle Opere del 1870–1871, espone la concezione dell’arte che sta alla base di tutta la produzione manzoniana e sintetizza i caratteri fondamentali del movimento romantico italiano.

Lettera sul Romanticismo al marchese Cesare D’Azeglio

Omettendo quindi i precetti o i consigli positivi proposti pei casi particolari e con applicazione immediata […] Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico. Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter essere questo: che la poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.

Con “positivo romantico” Manzoni definisce la parte propositiva del programma romantico; l’autore ha esposto precedentemente

Manzoni identifica la novità della poetica romantica nella triade “utile, vero, interessante”. Il primo, l’utile, si riferisce alla necessità della nuova letteratura di perseguire l’educazione morale dei lettori. L’interessante è invece il mezzo, perché solo attraverso la selezione degli argomenti di interesse per il vasto pubblico lo scrittore può sperare di raggiungerlo e di educarlo. Il centro della riflessione manzoniana è però il “vero”.

[…] E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello: giacché e nell’uno e nell’altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione del vero; è quindi temporario e accidentale. Il diletto mentale non è prodotto che dall’assentimento ad una idea, l’interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti di assentimento e di riposo: ora quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso e quindi l’impossibilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto e l’interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata nella cognizione del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di far nascere.

Il Vero, dunque, è l’unico soggetto della poesia, perciò deve essere definito con precisione. Prima di tutto Manzoni dimostra che il “diletto” prodotto dalla bellezza non unita alla verità è passeggero e momentaneo, mentre l’unico diletto duraturo è quello prodotto dalla rappresentazione della verità.  In queste affermazioni si riscontra la polemica verso la mitologia neoclassicista e il romanticismo nordico lontane dalla realtà, perché descrivono mondi immaginari popolati da divinità pagane o mondi fatati abitati da creature spettrali.
Occorre, però, precisare che per Manzoni la verità poetica non coincide però del tutto con la verità storica o la verità morale, ma di questo Manzoni parlerà nella lettera a Mr Chauvet.

--

--